TAURISANO (Lecce) – È fissata per il 23 gennaio 2025 l’udienza preliminare a carico di Albano Galati, il 56enne di Taurisano, in carcere (dal 16 marzo) per l’omicidio della moglie, Aneta Danelczyk, la donna di 49 anni di origini polacche, ammazzata con oltre venti coltellate nella sua abitazione di via Corvaglia. L’udienza preliminare è fissata davanti al giudice Alcide Maritati quando gli avvocati difensori dell’imputato, i legali Luca Puce e Davide Micaletto, potrebbero avanzare richiesta di abbreviato nonostante una serie di aggravanti che ne precluderebbero l’accesso.
L’uomo, da tempo trasferito nel carcere di Foggia dopo un’aggressione di un medico nel penitenziario di Borgo San Nicola, deve difendersi dalle accuse di omicidio aggravato dal vincolo coniugale e tentato omicidio così come messo nero su bianco dagli inquirenti. Consumato il delitto, l’assassino raggiunse un bar per bere whisky. Una volta identificato e accompagnato in Commissariato accusò un malore dopo aver dichiarato di non ricordare nulla su quanto accaduto, rendendosi necessario l’intervento del 118. “Non so neppure perché sono qui” riferì, rimanendo in stato confusionale.
Alla presenza dei suoi avvocati, Galati non confessò l’omicidio, senza riuscire a rivisitare con lucidità le ore immediatamente precedenti al fermo. Stordito e con i ricordi annebbiati. Effettivamente, tra gli oggetti sequestrati dagli agenti all’uomo, c’era anche un porta pillole con all’interno alcune compresse. Era in cura psichiatrica. E anche un coltello da cucina di 30 centimetri con una lama di 18, utilizzata per uccidere la moglie. Le testimonianze raccolte, subito dopo il femminicidio, convergevano tutte verso il suo profilo: una vicina di casa, (difesa dall’avvocatO Roberto Bray), infatti, venne ferita a sua volta quando l’assassino raggiunse l’abitazione della donna dove la moglie aveva cercato di rifugiarsi. Una sequenza ricostruita dagli specialisti della Scientifica che eseguirono una serie di accertamenti andati avanti per ore.
In casa della vittima, vennero ritrovati il borsello e il telefonino del marito mentre i coltelli erano stati abbandonati sul pavimento vicino al cadavere della donna, all’interno dell’abitazione della vicina. Galati, con un passato da netturbino, aveva abbandonato il tetto coniugale dopo vent’anni di matrimonio. Da tempo, poi, l’uomo si rivolgeva ai Sevizi sociali del paese per chiedere buoni spesa. Sulle sue condizioni di salute, poi, è stata eseguita una perizia per valutare le condizioni psicofisiche al momento del delitto: per le conclusioni messe nero su bianco dal professor Roberto Catanesi, docente di Psicopatologia forense presso l’Università di Bari, incaricato dal tribunale di Lecce (gip Giulia Proto), l’omicida era pienamente capace di intendere di volere così come perfettamente in grado di sostenere un processo. Gli accertamenti, nelle fasi delle indagini, sui telefonini del neo imputato non fecero emergere elementi per contestare l’aggravante della premeditazione. I figli della coppia sono seguiti dall’avvocata Francesca Contee potranno costituirsi parte civile.