GALLIPOLI (Lecce) – Mamma e compagno virtuale della ragazzina condannati rispettivamente a 13 e 12 anni di reclusione a conclusione del processo che si è celebrato in abbreviato davanti alla giudice Francesca Mariano (sotto scorta da mesi per le minacce di matrice mafiosa) oltre ad una serie di pene accessorie, tra cui la perdita della potestà genitoriale per la madre. Le accuse erano stalking per l’uomo e di pornografia minorile e tentata violenza per entrambi mentre il reato di maltrattamenti in famiglia veniva contestato solo alla madre.
Da tempo, invece, la ragazzina è sprofondata in una crisi depressiva: non vuole più uscire da casa, non riesce a dormire e ogni giorno ha incubi e attacchi di panico. “Da tali comportamenti ne è conseguito un grave nocumento alla salute fisica e mentale della minore – si legge nell’atto di costituzione di parte civile del padre della ragazzina, assistito dall’avvocata Paola Scialpi – la quale per tutta la sua vita porterà addosso e con sé le conseguenze di quanto subito per quattro lunghissimi anni da parte della sua amata madre e di quest’uomo sessualmente deviato. Nonostante il percorso con le psicologhe dei servizi sociali nulla potrà mai far dimenticare l’orrore subito, che la perseguiterà giorno e notte”. Il risarcimento del danno verrà quantificato in separata sede.
Una vicenda triste e desolante maturata in un contesto familiare degra to in cui una donna salentina si invaghisce di un 52enne milanese vedendo le foto su Instagram. E per soddisfare le perversioni sessuali che l’uomo pretendeva al telefono, la donna era arrivata persino a mettere fuori gioco il marito, affetto da problemi di salute, somministrandogli cinque ansiolitici nel caffè di giorno e altrettanti di sera. In questo modo l’uomo poteva chattare con la figlia della salentina, della quale si era a sua volta invaghito, arrivando ad instaurare una relazione affettiva davanti al pc.
In breve, però, il 52enne ha iniziato a dimostrarsi sempre più geloso e ossessivo: pretendeva di sapere con chi uscisse la ragazzina; le aveva fatto recapitare un cellulare in cui aveva installato l’app Cerberus (che consente di attivare da remoto fotocamera e microfono del cellulare) per monitorare ogni suo spostamento; in appena due mesi, dal 13 settembre del 2020 al 17 novembre dello stesso anno, le ha inviato qualcosa come 85mila messaggi per controllare ogni aspetto della sua vita, costringendola a rispondere alle sue continue chiamate previste ad orari fissi; doveva persino sapere le fasi del ciclo mestruale e consumare rapporti sessuali telefonici fino a due volte al giorno.
Inevitabilmente tutte queste pretese hanno avuto pesanti ricadute sulla vita della 13enne che ha iniziato a disertare i banchi di scuola. Anche perché le violenze fisiche e psicologiche avvenivano già in casa per mano della madre che, in più occasioni, la obbligava a compiere gesti autolesionistici per poter così fotografare le ferite che la ragazzina si infliggeva su gambe e braccia e inviarle così al 52enne: era questo un modo per dimostrare all’uomo il dispiacere della figlia quando si rifiutava di rispondere alle sue chiamate. In un’occasione, le ha persino praticato un taglio sulla gamba e tagliato una ciocca di capelli.
La costringeva a svegliarsi all’alba perché potesse intrattenere rapporti sessuali con il compagno virtuale suggerendole persino cosa dovesse dire per solleticare le perversioni dell’uomo. In carcere, dove mamma e compagno virtuale si trovano da maggio, sono finiti anche per il reato di pornografia minorile: entrambi hanno costretto la ragazzina a scattare foto e a realizzare video senza veli davanti al pc. E svariato materiale è poi confluito in alcune cartelle che l’uomo conservava nella memoria del proprio pc. Si è poi celebrato l’incidente probatorio. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Paolo Formato del Foro di Milano e Maria Saracino. Depositate le motivazioni, presenteranno ricorso in Appello.